Ricorso  del  Presidente  del  Consiglio   del   Ministri   (C.F.
80188230587), rappresentato e difeso dall'Avvocatura  Generale  dello
Stato (C.F. 80224030587, per il ricevimento degli atti numero di  fax
0696514000 e PEC ags_m2@mailcert.avvocaturastato.it),  presso  i  cui
uffici e' legalmente domiciliato in Roma, via dei Portoghesi n. 12; 
    Contro la Regione Basilicata (C.F. 80002950766), in  persona  del
suo  Presidente  p.t.,  per  la  declaratoria  della   illegittimita'
costituzionale, degli artt. 16, comma 2, e 29, comma  6,  lettera  g)
della legge della  Regione  Basilicata  n.  7  del  16  aprile  2013,
pubblicata nel Bollettino Ufficiale della Regione Basilicata  del  20
aprile 2013, n. 13, come da delibera del Consiglio  dei  Ministri  in
data 15.06.2013. 
 
                                Fatto 
 
    In data 20 aprile  2013  e'  stata  pubblicata,  sul  n.  13  del
Bollettino Ufficiale della Regione Basilicata, la legge regionale  n.
7 del 16 aprile 2013. 
    Con essa sono state adottate «Disposizioni nei  vari  settori  di
intervento della Regione Basilicata». 
    Peraltro, come meglio si andra' a precisare nel prosieguo, talune
delle disposizioni contenute in detta legge eccedono dalle competenze
regionali,  violano  precise   previsioni   costituzionali   e   sono
illegittimamente  invasive  delle  competenze  dello  Stato;   devono
pertanto essere impugnate con  il  presente  atto  affinche'  ne  sia
dichiarata  la   illegittimita'   costituzionale,   con   conseguente
annullamento. 
    La  legge  regionale  in   esame,   infatti,   presenta   profili
d'illegittimita' costituzionale con riferimento agli artt. 3 e  97  e
all'art. 117, comma 2, Cost. 
    Piu' in particolare: 
        1) l'art. 16, che sostituisce in toto l'art. 27  della  legge
regionale 30 dicembre 2011, n. 26, che, a sua volta aveva  modificato
la legge regionale 16 giugno 2003, n.  22,  e'  rubricato  «Norme  in
materia di prevenzione della  cecita'»  e  dispone  il  trasferimento
delle attivita' sanitarie di  prevenzione,  riabilitazione  visiva  e
clinico-gestionali della Sezione italiana dell'Agenzia internazionale
per la prevenzione della cecita' (SIACP), di  cui  all'art.  1  della
predetta legge regionale Basilicata n. 22/2003, all'Azienda sanitaria
di Potenza (ASP), in coordinamento,  per  le  stesse  attivita',  con
l'Azienda sanitaria di Matera. 
        Il comma 2 dell'articolo in  argomento  dispone  altresi'  il
trasferimento delle dotazioni  strumentali  e  finanziarie  assegnate
dalla Regione al SIACP e non ancora utilizzate e  il  subentro  della
ASP nel contratto di lavoro privato del personale,  senza  formazione
di alcun rapporto di pubblico impiego. 
        2) A sua  volta,  l'art.  29,  comma  6  della  stessa  legge
regionale n. 7/13, rubricato  «Norme  transitorie  applicabili  nelle
aree industriali», stabilisce, in deroga ai precedenti commi 3, 4 e 5
dello stesso articolo, anche su  istanza  degli  operatori  economici
gia' insediati o che intendano insediarsi nelle aree industriali gia'
perimetrale nel periodo che  precedera'  l'entrata  in  vigore  della
legge regionale di riforma dei Consorzi per lo  sviluppo  industriale
di cui all'art. 33 della legge regionale 5 febbraio 2010, n. 18,  che
possono essere adottate, e approvate dal Consiglio di amministrazione
del  Consorzio   per   lo   sviluppo   industriale   territorialmente
competente, varianti  ai  piani  urbanistici  vigenti  alla  data  di
entrata in vigore della legge regionale in esame - anche a mezzo  del
previo   espletamento   delle   procedure   di   partecipazione   per
osservazione di cui all'art. 9, comma 2,  della  legge  regionale  11
agosto 1999, n. 23 - nella  ricorrenza  di  determinate  fattispecie,
enucleate dalla lettera a) alla lettera g) del medesimo articolo 29. 
        In particolare, per quel che concerne proprio la lettera  g),
e' previsto  che  possano  essere  adottate  varianti  ai  piani  che
prevedano «modifiche alle distanze dei confini, purche' nel  rispetto
di quelle dettate dal codice civile.». 
    Le disposizioni appena descritte si  appalesano  suscettibili  di
essere impugnate ex art. 127 Cost. dinanzi a codesta Ecc.ma Corte per
i seguenti motivi di 
 
                               Diritto 
 
    1) Si e' visto che l'art. 16 dispone il trasferimento all'Azienda
Sanitaria di Potenza  delle  attivita'  sanitarie  di  prevenzione  e
riabilitazione visiva  svolte  dalla  Sezione  Italiana  dell'Agenzia
internazionale per la prevenzione della cecita' (SIACP) di  cui  alla
legge regionale n. 22 del 2003, e prevede, al comma 2, che la  stessa
ASP subentri anche nei contratti di lavoro  di  diritto  privato  del
personale della SIACP. 
    La norma del comma 2 comporta, in sostanza, il  trasferimento  di
personale da una onlus di diritto privato (SIACP) ad un ente pubblico
(ASP), con conseguente violazione sia degli articoli  3  e  97  della
Costituzione, in quanto  consente  l'inquadramento  in  una  pubblica
amministrazione di  personale  non  selezionato  attraverso  pubblico
concorso, con conseguente violazione del principio di buon  andamento
della pubblica amministrazione, sia  dell'art.  117,  secondo  comma,
lettera l), della Costituzione, che riserva alla competenza esclusiva
dello Stato l'ordinamento civile e, quindi,  i  rapporti  di  diritto
privato  regolati  dal  codice  civile  (ivi  compresi  i   contratti
collettivi). Cio' in quanto  essa  norma  prevede  una  modalita'  di
assunzione del suddetto personale (contratto  di  diritto  privato  a
tempo indeterminato che non comporti inquadramento  nei  ruoli  della
ASP) non prevista nel vigente ordinamento  statale,  con  particolare
alterazione del quadro di riferimento normativo regolante i  rapporti
del personale dell'ente pubblico. 
    2) L'articolo 29, comma 6, lettera g), include, come  detto,  tra
le possibili varianti ai piani  nelle  aree  industriali  quelle  che
«prevedano modifiche delle distanze dai confini, purche' nel rispetto
di quelle dettate dal codice civile». 
    Al riguardo e' evidente che la predetta  disposizione  di  legge,
non  contemplando  espressamente,  altresi',  oltre  all'obbligo  del
rispetto del  codice  civile,  anche  l'obbligo  del  rispetto  delle
distanze tra i fabbricati di cui all'articolo 9 del D.M. n. 1444  del
1968, contrasta sempre con l'articolo 117, secondo comma, lettera  l)
della   Costituzione,   che   riserva   allo   Stato    la    materia
dell'ordinamento civile. 
    Infatti, le disposizioni dell'articolo 9  del  citato  D.M.,  per
consolidata giurisprudenza di codesta  Ecc.ma  Corte  costituzionale,
hanno    carattere    inderogabile,    perche'    materia    inerente
all'ordinamento  civile,  in  quanto  tale  rispondente  a   esigenze
pubblicistiche sovrastanti gli interessi  dei  singoli  e,  pertanto,
rientrante nella competenza legislativa esclusiva dello Stato. 
    In proposito, codesta stessa Corte costituzionale ha  piu'  volte
ritenuto - da ultimo nella sentenza n. 6/2013 - che il detto  art.  9
del D.M. n. 1444 del 1968  sia  autonomamente  dotato  di  «efficacia
precettiva e inderogabile,  secondo  un  principio  giurisprudenziale
consolidato». 
    Onde e' stato ripetuto altresi' che «il mancato rispetto di dette
condizioni  comporta  la  violazione  della  competenza   legislativa
statale in  materia  "ordinamento  civile".  -  Sulla  giurisprudenza
costituzionale che stabilisce  la  competenza  legislativa  esclusiva
dello Stato ("ordinamento civile") in materia  di  regolazione  delle
distanze tra i fabbricati, Vedi sentenze  nn.  114/2012,  173/2011  e
232/2005.» (sentenza n. 6/2013). 
    Per tali motivi si ritiene che le disposizioni regionali indicate
debbano essere impugnate dinanzi alla Corte costituzionale  ai  sensi
dell'art. 127, Cost.